/

October 22, 2025

Pagamenti in movimento – tra Londra e Milano

Shares

“If you never try, you’ll never know just what you’re worth.”
Chris Martin, Coldplay

C’erano anni in cui il biglietto del tram era ancora di carta, ma nell’aria si sentiva già odore di futuro.
A Londra, nei primi anni Duemila, il viaggio quotidiano stava cambiando forma grazie a una piccola tessera blu: la Oyster Card.
Nata nel 2003 da una collaborazione fra Transport for London, TranSys e Royal Bank of Scotland, fu il primo vero esperimento di pagamento contactless per il trasporto pubblico di massa.

La sua storia – che seguivo da vicino nei miei viaggi e nelle conferenze – è una di quelle linee sottili che segnano il passaggio da un’epoca all’altra:

  • 1998–2001 – Prime sperimentazioni delle smart card nei sistemi di trasporto londinesi.
  • 2003 – Lancio ufficiale della Oyster Card su tutta la rete di bus e metropolitana.
  • 2005–2006 – Estensione del sistema ad altri operatori e integrazione con carte bancarie.
  • 2007 – Inizio dei test del progetto Oyster Mobile, con ricarica e validazione tramite telefono NFC.
  • 2012–2014 – Arrivano i pagamenti diretti con carte contactless e smartphone: la rivoluzione è compiuta.

Fu proprio osservando quel modello – e dialogando con i team dell’Imperial College e della Royal Bank of Scotland – che compresi la portata del cambiamento in arrivo.
Non si trattava solo di tecnologia, ma di fiducia: passare dalla moneta visibile al gesto invisibile, dal biglietto timbrato alla validazione digitale.

A Milano, qualche anno prima, avevamo già mosso i primi passi.
Durante il mio periodo in Siemens, nacque SostaMilano, uno dei primi sistemi di pagamento via SMS per la sosta urbana.
L’idea era semplice ma visionaria: inviare un messaggio per pagare il parcheggio, ricevere una conferma automatica e mostrare sul parabrezza un piccolo tag RFID che segnalava il pagamento ai controllori.
Era la città che, senza ancora saperlo, stava entrando nell’era digitale.

Poi arrivò il tempo di ATM Milano, con Giampaolo, Paolo e Francesco.
L’esperienza londinese si trasformò in progetto concreto: una nuova visione di mobilità contactless, in cui abbonamenti, carte bancarie e telefoni cellulari potevano finalmente convivere.
Conducevamo analisi incrociate dei bisogni – vere e proprie cross-functional needs analysis – per disegnare un sistema integrato di pagamento e accesso, gestendo risorse, partner e obiettivi come in un laboratorio d’innovazione urbana.

Nel mondo, intanto, si muovevano in parallelo i protagonisti di una rivoluzione silenziosa:
Nokia, con i primi telefoni NFC; NTT DoCoMo in Giappone, con le Osaifu-Keitai; Samsung, Visa, e infine Apple, che nel 2014 avrebbe portato la tecnologia Apple Pay nelle mani di milioni di utenti.

In quegli anni ebbi l’occasione di presentare i progressi italiani nei pagamenti mobili in numerose conferenze GSMA e negli eventi Informa Telecoms & Media, spesso come chairman o moderatore di sessioni dedicate ai nuovi modelli di mobile payment e ticketing ecosystems.
Da Londra a Barcellona, da Milano a Singapore, gli States rispondevano con NewYork e Salt Lake City, si respirava la stessa elettricità: quella di un mondo che stava imparando a fidarsi dei bit. L’NFC si apprestava ad essere la prima tecnologia, dopo i sistemi aperti e la telefonia mobile dove gli USA iniziavano a guidare rispetto all’Europa, questa grazie alla presenza dei circuti bancari come Visa, MC ed AmEx

 E in sottofondo, spesso, c’era una canzone che sembrava raccontare proprio quello spirito: “Viva La Vida” dei Coldplay.

 Le sue note accompagnavano le giornate di conferenze, i voli low-cost e le riunioni in cui si cercava di spiegare come un telefono potesse diventare un portafoglio. Tuttora la mia preferita nelle serate di karaoke … Era una melodia di rinascita, di rivoluzione pacifica, di fiducia nel cambiamento.

A volte, ripensando a quegli anni, mi tornano in mente le luci delle stazioni di Londra, il rumore metallico dei tornelli, e quel suono secco — beep — che segnava il passaggio di una nuova era.
Dietro ogni carta contactless, dietro ogni codice o antenna NFC, c’era la stessa fiducia che serve per attraversare la vita: credere che dall’altra parte qualcosa risponderà.

Non era solo tecnologia: era un linguaggio nuovo, una promessa che univa città diverse, persone lontane, culture che imparavano a parlare con lo stesso gesto — un tocco, una luce verde, un segnale che diceva “puoi andare”.

Ogni progetto, ogni viaggio, ogni notte passata a preparare una presentazione per GSMA o Informa, aveva dentro la stessa spinta che racconta Chris Martin in Fix You:
provare, anche quando non sai se funzionerà.

Perché — come allora, come sempre —

“Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you.
But if you never try, you’ll never know
Just what you’re worth.”

E forse, in fondo, tutto questo viaggio — tra Londra e Milano, tra i chip e le persone — non era che un modo per scoprire quanto vale davvero la luce che ci guida.

From the same category