Erano anni di passaggi sottili ma decisivi.
Mi occupavo di innovazione nei media e nelle telecomunicazioni, di strategie per la convergenza tra broadcasting e telefonia, di sistemi di pagamento elettronico, e nel frattempo collaboravo come consulente per programmi delle Nazioni Unite in Honduras, Madagascar e Tunisia.
Ogni settimana sembrava aprirsi su un palcoscenico diverso: un convegno tra cinema e televisione, una riunione tecnica, una missione in un Paese lontano dove la connettività era ancora un miraggio, ma già simbolo di libertà.
A fare da colonna sonora c’erano i modem ADSL che negoziavano connessioni, i jingle delle emittenti digitali, i suoni sintetici e le voci metalliche dei cellulari GSM, mentre nelle fiere e nei party tecnologici si diffondeva la musica di Daft Punk, Massive Attack, Chemical Brothers, e dei Radiohead di Kid A.
Era un tempo in cui l’aria sapeva di pixel e di silicio, ma anche di possibilità.
A Torino, in Corso Eusebio Giambone 68, si respirava qualcosa di storico.
Nel gennaio 2004, cinquant’anni esatti dopo la prima trasmissione televisiva italiana, la RAI avviava ufficialmente la televisione digitale, Mediaset anticipò il novembre precedente, alcune settimane prima del lancio ufficiale della RAI del 3 gennaio 2004.
Quello stesso edificio che un tempo era simbolo della TV analogica ora accendeva il primo segnale DTT del Paese. Un anniversario che non celebrava solo il passato, ma sanciva la nascita del futuro.
Dietro quel momento, c’era il lavoro silenzioso del CSELT, il Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni, dove già negli anni precedenti si sperimentavano i protocolli MPEG e MPEG-4, fondamentali per comprimere e trasmettere il video sulle nuove reti.
E c’era anche Telecom Italia, che vedeva nel digitale terrestre una porta d’ingresso nel mondo dei contenuti, immaginando un ecosistema integrato tra banda larga, interattività e televisione.
Fu lì che conobbi Guido Alberico, alla RAI, proprio in Corso Giambone.
L’obiettivo era ambizioso: costruire un’alleanza strategica tra RAI e Telecom Italia, unire chi produceva contenuti e chi possedeva le reti.
Fino ad allora la TV era unidirezionale: trasmetteva, ma non riceveva.
Il pubblico restava passivo, spettatore e non interlocutore.
Solo con l’arrivo del canale di ritorno digitale e le prime sperimentazioni di polling via SMS si cominciò a sognare una televisione che potesse ascoltare, rispondere, interagire.
Il telecomando diventava un microfono silenzioso: un gesto di risposta, un voto, un acquisto, un segnale di presenza.
Io, in quel periodo, ero una figura tra le righe: un ghost management consultant. Collaboravo con i gruppi misti di RAI e Telecom, costruendo proposte e modelli di integrazione che dovevano restare invisibili ma efficaci.
Il mio passato con Omnitel, il principale competitor di Telecom Italia, mi seguiva come un’ombra.
Ogni comunicazione, ogni telefonata, ogni spostamento sembrava osservato.
Lavorare “spiato” era la regola non scritta di quelle grandi organizzazioni che difendevano con zelo il proprio perimetro d’influenza.
Eppure, proprio in quell’atmosfera di sospetto e competizione, prendevano forma alcune delle idee più visionarie dell’epoca.
Le piattaforme MHP e JavaTV aprivano la strada a un ecosistema in cui il televisore poteva finalmente dialogare.
Il broadcast si faceva bidirezionale, e la TV cominciava a somigliare a un browser.
Quell’esperimento, nato a Torino, fu il seme di tutto ciò che oggi chiamiamo Smart TV e streaming on demand.
Non era solo una rivoluzione tecnica, ma un cambio di mentalità: lo spettatore diventava utente.
Anni dopo mi spostai a Cologno Monzese, in Corso Europa 40.
Da quella sede, il mondo dei media aveva un respiro diverso: non più laboratorio, ma palcoscenico permanente.
Tra studi televisivi, agenzie e centri di produzione, si respirava la transizione verso una televisione convergente, dove Internet, telefonia e intrattenimento finalmente si toccavano.
In parallelo, seguivo progetti di mobile entertainment e pagamenti digitali, intuendo che la vera trasformazione non sarebbe venuta solo dai contenuti, ma da come le persone avrebbero iniziato a pagarli. Il codice, il numero breve, l’SMS premium erano gli antenati dei digital wallet, e aprivano la strada all’economia dell’attenzione.
Mentre viaggiavo tra conferenze e progetti internazionali, cercando di far dialogare cinema, televisione e tecnologie mobili, lavoravo anche con le Nazioni Unite su programmi di sviluppo ICT in Honduras, Madagascar e Tunisia.
Lì la rete aveva un altro significato: non era intrattenimento, ma accesso alla conoscenza, strumento di emancipazione sociale.
Capivo sempre più che l’innovazione non è mai neutra: cambia a seconda del contesto, delle persone, della speranza che vi si proietta dentro.
Riguardandolo oggi, quel periodo sembra un ponte tra due ere.
Da una parte la televisione che diventava digitale, dall’altra la telefonia che scopriva il potere dell’immagine.
Due mondi che si erano sempre osservati da lontano, improvvisamente si fusero nello stesso spettro.
E in mezzo, come un’eco costante, restano i suoni di quegli anni:
il fruscio delle parabole, il bip dei telefoni GSM, le note dei Massive Attack in sottofondo e il ronzio continuo dei server nei centri dati.
Era il suono della transizione: un’onda lunga che da Torino arrivava fino a Cologno, e da lì, idealmente, fino al Madagascar.
Cronologia sintetica
- 2002–2003 → Mediaset avvia le prime sperimentazioni tecniche del segnale DTT (DVB-T) a Milano, Torino e Roma, in collaborazione con Elettronica Industriale e con il supporto di RTI.
I test erano riservati a tecnici e a un gruppo ristretto di utenti pilota. - 20 novembre 2003 → Mediaset avvia ufficialmente le trasmissioni digitali terrestri, diffondendo in chiaro Canale 5, Italia 1 e Rete 4, insieme ai canali sperimentali Mediashopping e Boing.
Il segnale raggiunge inizialmente parte della Lombardia, del Lazio e del Piemonte. - 3 gennaio 2004 → RAI inaugura a Torino, in Corso Eusebio Giambone, le proprie trasmissioni DTT, celebrando i 50 anni della televisione italiana.
- 2004–2005 → Entrambe le reti avviano i primi servizi interattivi MHP (Mediaset con Mediavideo Interattivo e RAI con RAI Click e RaiNews24+).
📎 Approfondimenti e Keynotes di quel periodo:
iarlori.com/keynotes-200x
(Conferenze e interventi tra cinema, televisione e innovazione digitale – 2000–2009)











