
Non tutti potevano permettersi di studiare all’università senza pensieri. Io mi guadagnavo qualcosa organizzando feste – la musica, ancora una volta, era il mio alleato – e dando una mano a qualche riparatore di radio e televisori. Ne ricordo uno, in via Michele degli Scalzi, che all’epoca stava iniziando a installare le prime antenne per captare i segnali delle TV private. C’erano già la IV e la V banda, ma lui aveva paura di salire sui tetti. Così ci andavo io, con l’incoscienza dei vent’anni e la voglia di guadagnarmi qualche lira.
Anche Alessandro si barcamenava come poteva. Nonostante la salute fragile, aveva sempre un modo per reinventarsi, per trovare risorse dove sembrava non ci fossero. Ed è forse lì che si vedeva già la sua forza interiore: non tanto nell’assenza di difficoltà, quanto nel modo in cui riusciva ad attraversarle.
Quando passavo i weekend a casa sua, a La Spezia, mi accoglieva quel contrasto familiare: la sorella con tutti i vinili di Baglioni in bella mostra, e lui che invece mi trascinava nel mondo della musica alternativa, fatto di suoni diversi, a tratti ruvidi, che per me erano una scoperta continua. Fu lui a insegnarmi che la musica non era solo intrattenimento: era anche linguaggio, cultura, identità.
Spesso andavamo insieme nella sede di Radio Golfo dei Poeti dove lui aveva un programma; irradiava dalla sede di via Canaletto musica, notizie locali, oroscopi, dediche e rubriche. Per molti era solo una radio libera; per noi era un laboratorio di libertà, un luogo dove le voci giovani potevano farsi sentire. Alessandro mi portava lì, e con lui imparai che dietro ogni canzone c’è una storia, un filo che lega persone e generazioni.
Dopo aver sistemato le cose in famiglia e un primo lavoro presso un rivenditore di computer di La Spezia, Alessandro sentì che era tempo di dare una direzione nuova alla sua vita. Abbracciò la sua missione e divenne prete. Non fu una scelta improvvisa, ma il frutto di quella sua sensibilità che già da studente lo distingueva.
La sua storia si intrecciò persino con l’arte e con la cronaca: il furto sventato del quadro di Pieter Brueghel il Giovane, la Crocifissione, custodito nella sua parrocchia di Castelnuovo Magra. I Carabinieri, per proteggere l’opera, sostituirono l’originale con una copia, e i ladri — ignari — rubarono quella. Alessandro fu tra i pochissimi a conoscere il piano. Non solo pastore di anime, ma anche custode di bellezza.
La sua figura è legata non solo al ministero pastorale, ma anche alla difesa della cultura e della comunità locale. Nel 2023 il Comune della Spezia lo ha citato tra i protagonisti della mostra dedicata al restauro della Crocifissione. Nelle sue interviste emerge un uomo semplice, vicino alla gente, attento ai bisogni di tutti, capace di unire spiritualità, responsabilità civile e passione culturale.
Oggi la sua missione lo ha portato a Friburgo, in Germania, dove guida la comunità cattolica italiana. Ma per me resta sempre lo stesso ragazzo del residence: quello che mi faceva scoprire dischi strani, quello che mi portava alla radio del Golfo dei Poeti, quello che sapeva barcamenarsi tra difficoltà e sogni. Ogni volta che lo vado a trovare, ovunque sia, capisco che il filo che ci lega non si è mai spezzato.
Chiudo gli occhi e lo rivedo: il compagno di stanza, la voce che mi raccontava la storia della musica alternativa, i pomeriggi passati tra vinili, radio libere e sogni di futuro. Oggi è lontano, a Friburgo, ma la sua presenza continua ad accompagnarmi.
Perché il viaggio non è fatto solo di luoghi attraversati o di tecnologie che impariamo a maneggiare, ma soprattutto di persone che ci insegnano a vedere oltre. Alessandro mi ha insegnato che la musica può diventare parola, che la fragilità può trasformarsi in forza, e che la fede, quando è vissuta come lui la vive, può abbracciare non solo l’anima, ma anche la cultura e la comunità.
Così, ogni volta che penso a lui, capisco che il nostro filo non è mai stato interrotto: si è solo allungato, come una linea che attraversa città, lingue, tempi diversi. Ed è questo, in fondo, il senso del mio viaggio: unire i punti, riconoscere i legami, non smettere mai di ascoltare le voci che mi hanno reso ciò che sono.
“Music can change the world because it can change people.” — Bono (U2)